venerdì 6 maggio 2011

DVM3 - AmericAnabasi, parte2

Da qualche anno il mio ruolo di viaggiatore si è fatto più corposo, essendo le mie trasferte in giro per il globo aumentate di intensità a causa di un buffo lavoro che neanche io so definire con esattezza. Mi sono trovato così involontario protagonista di disavventure causate dall’essere il contrario del viaggiatore on the road consumato. Al contempo il trovarmi in luoghi talmente ricchi di profumi, colori, sapori, esperienze e vite diverse dalla mia, mi ha posto in condizione di non poter fare a meno di raccontarli. Il DVM è quindi la fedele ricostruzione dei miei viaggi, di ciò che ho visto e vissuto, sempre in prima persona.

Diario del Viaggiatore Maldestro
Stati Uniti - Orlando, Florida, Gennaio 2008
Parte2

Mattina, nuovo giorno, nuova vita ad Orlando. Scendo nella hall ed entro nella sala breakfast dell’albergo con la mia valigia-trolley-porta-computer: lì mi rifornisco e rifocillo della mancata cena di ieri con la colazione dei campioni: beverone di caffè e pancake, di fronte alla tv perennemente accesa sul canale delle news, la CNN. Le primarie dei repubblicani e dei democratici tengono banco, la ex first lady ha appena sbaragliato i suo avversari principali (i più accreditati sono un afro americano che ha un nome da nemico numero 1 - Barack Hussein Obama - ed un più rassicurante John Edwards) in uno stato minore, il Michigan. Seguo per qualche minuto il dibattito fra i cronisti (uno trasmette dalla costa ovest, Los Angeles: si lamenta che laggiù siano le quattro di notte) e gli spezzoni del contenzioso che ha visto protagonisti i tre democratici. Abituato come sono al filtro delle notizie ricevute nel mio paese (dove solitamente un cronista del TG si occupa di fornirmi la versione dei fatti) il tutto mi appare straordinariamente fresco ed un poco naif, i candidati parlano una lingua rozza, triviale, terra terra, esprimono concetti basilari poco complessi, comprensibili anche per un bambino di sei anni. La politica americana, in questo spezzone che sto assorbendo e nel modo in cui la gente me ne parlerà, appare più vicina al tifo calcistico ed allo stesso tempo alla vendita di un auto: il candidato è il prodotto perfetto da vendere e deve anche colpire allo stomaco. Sono le otto, il mio taxi arriva in orario e conosco Tony, di origine Boliviana, il mio autista. Due minuti di contrattazione ed ecco che alla modica cifra di 120 $ ho chi mi scarrozzerà tutto il giorno fino a domani all'aeroporto. Quindi carico la mia valigia e partiamo: meta il mio incontro di lavoro.

Con il giorno gli occhi hanno modo di osservare Orlando, i sobborghi e il centro città, la downtown. Il cemento e l'asfalto, i palazzi e i grattacieli, le strade, tutto concorre ad una grande assenza: é un immenso pianeta disabitato, dove le presenza umana si intravede dentro le macchine, si immagina dentro le case, dentro le costruzioni che si elevano un po' ovunque, ma si incontra a fatica per la strade, della periferia come del centro.

Arrivo nell'azienda dove mi attendono, in perfetto orario. La prima cosa che accade è che vengo portato dalla receptionist di sessanta anni, alta, magra con capelli corti ricci e bianchi - si chiama Cindy - in una stanza piena di cibarie e cose da bere (analcoliche). Pare sia la rest room dell'azienda. Tutti gli impiegati ne usufruiscono, infatti almeno cinque persone (delle quindici che incontrerò) sono obese. Molto gentilmente vengo fatto accomodare, mi posso servire da solo. Non me lo ripeti due volte, sorella. Dopo 5 minuti di orgia mental gastronomica zuccherina vengo accompagnato in un'altra stanza, dove una tavolata di businessman mi attende in gloria. Hanno tutti dai 55 ai 70 anni e il cappellino da baseball in testa. Io ho 34 anni, un trolley in una mano, il beverone nell'altra, la bocca piena di noccioline e sono vestito come Tony Manero. Mi guardano come fossi un marziano, c'é da capirli.

Il meeting comunque prende l'abbrivio e funziona bene: faccio la mia parte e parlo per due ore fluentemente, racconto persino un paio di storielle divertenti, facendo ridere il team di sette persone che ho di fronte (forse per l’abbigliamento). Mi sento un pò come il barista al centro del ring che ieri mi ha servito il cheeseburger; un giullare. Ma se funziona per loro evidentemente funziona per me. Esco portando a casa buone possibilità di chiudere un contratto. Sono le undici di mattina e ho finito di lavorare. Tony il tassista boliviano mi aspetta fuori con la sua Lincoln, un macchinone che immagino bere allegramente galloni di benzina manco fosse spuma, senza minimo ritegno ambientale. Prima di uscire faccio tappa alla reception da Cindy, che ha provveduto gentilmente ad indicarmi su una mappa i luoghi da vedere a Orlando. Cindy è fiera del suo lavoro, mi ripete un paio di volte "sai, sono molto brava a dare indicazioni" con un sorriso che richiede una sola risposta "è vero Cindy, sei molto brava". Il risultato é comunque magro. Nella lista ci sono poche cose da vedere, qui a Orlandoflorida. Disney world é naturalmente al numero uno, ma io non sono interessato, ho passato l'età, almeno cronologicamente, quindi passo al numero due, la Millenia Mall, il centro più in della Florida. La situazione si prospetta triste e quindi chiedo lumi a Tony, in cerca della folgorazione verso Damasco. Il tassista, peró, è categorico; non c'é niente a Orlando, a parte le Mall. Di quelle, se voglio, ce ne sono in quantità e per tutte le tasche. La Millenia è la più esclusiva. Quando chiedo se esiste un centro storico Tony si gira e mi guarda come se avessi bestemmiato. Ok, vada per il Millenia Mall.

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