martedì 3 maggio 2011
DVM 1 - Storia Centroamericana Ordinaria
Da qualche anno il mio ruolo di viaggiatore si è fatto più corposo, essendo le mie trasferte in giro per il globo aumentate di intensità a causa di un buffo lavoro che neanche io so definire con esattezza. Mi sono trovato così involontario protagonista di disavventure causate dall’essere il contrario del viaggiatore on the road consumato. Al contempo il trovarmi in luoghi talmente ricchi di profumi, colori, sapori, esperienze e vite diverse dalla mia, mi ha posto in condizione di non poter fare a meno di raccontarli. Il DVM è quindi la fedele ricostruzione dei miei viaggi, di ciò che ho visto e vissuto, sempre in prima persona.
Diario del Viaggiatore Maldestro
Repubblica Dominicana. Payita, costa nord. Maggio 2011
E' ora di pranzo, la giornata è particolarmente afosa, e il vento che entra dai finestrini aperti della macchina che guido, non fa assolutamente calare il sudore. Cerco un posto all'ombra nel paesino che sto attraversando pigro, nel senso che procedo a dieci all'ora, senza fretta. E del resto bisogna non averla fretta, se si vuole sopravvivere sani di mente a un tempo che gira decisamente a ritmi diversi da quelli a cui sono abituato in Italia. Conosco il posto a menadito, si chiama Payita, avrà si e no duecento abitanti: lo attraverso giornalmente da diversi mesi, ma comunque spero di sorprendermi, mentre mi guardo in giro in cerca di vettovaglie, dato che lo stomaco reclama il suo. Le mie speranze non vengono deluse, e scopro quello che migliaia di passaggi a settanta all'ora mi hanno impedito di vedere: un piccolo Comedor (una cosa a metà fra un porchettaro ambulante e una tavernaccia) spunta in mezzo alle case diroccate. Incredibile aver messo un'attività lì nel mezzo al niente, commenta la mia parte razionale. Effettivamente: non ispira molta fiducia, fa solo HotDog (o almeno questo è l'unico cibo pubblicizzato dalla scritta sul muro) e dovrei essere a dieta, ma c'è l'ombra, quindi: sono già sceso dalla macchina e mi sto avviando al banco. Il Comedor in realtà è una stanza di due per tre, occupata nell'ordine da due ghiacciaie, due fornelli, un dominicano di un metro e sessanta di diametro (nel senso che è una sfera), un computer e, alle spalle della Sfera, una cassa di un metro di altezza, che emette a un volume assordante merengue. Mi avvicino, il bancone è la finestra dei sei metri quadri che dà sulla strada. Io e la Sfera comunichiamo a gesti, leggiamo il labiale, lui del resto pare non aver intenzione di abbassare il volume, ma allarga le mani, in chiaro segno di domanda. Cerco di scandire HotDog molto lentamente, ma Sfera non capisce, mi fissa con aria interrogativa. Alla fine di dieci secondi di immobilismo duale (da sfondo un forsennato suona un merengue classico, sempre a volumi vicini alla lesione del timpano) un lampo attraversa lo sguardo di Sfera, che scandisce molto lentamente al mio indirizzo HotDog. Ci siamo, missione compiuta.
Riesco con relativa facilità ad ordinare una birra (la Presidente, immancabile; deve il suo nome al vecchio propietario, il dittatore Trujillo), ormai la comunicazione è instaurata, quindi mi siedo sulla sedia di plastica, sul marciapiede della strada, finalmente all'ombra. Accanto a me, con la sedia in bilico, appoggiata al muro, dorme a bocca aperta un avventore sazio. Sul suo grembo i resti dell'HotDog; un suo braccio appoggia pesantemente su un'altra sedia in palstica. Lo guardo e non capisco come sia possibile. La cassa sparaMerengue dista dal suo orecchio meno di mezzo metro. Nel frattempo giunge un'anziana, si guarda intorno e, dato che tutte le sedie sono occupate, si risolve a togliere l'appoggio del braccio al dormiente. Niente. Il braccio cade inerte. Non lo sveglierebbe un masso in pieno viso. La vecchia si siede, mi guarda e sorride, spostando le labbra in cenno di saluto. Ricambio, sorseggio birra e attendo il mio ordine. Un HotDog muto. Altri avventori intanto si avvicinano, sembra essere questo un crocevia. Tutta vita. Stavolta sono due ragazzi (venti/venticinque anni, vestiti da rappers degli anni novanta: uno dei due è visibilmente armato) a chiedere a gesti (nessuno ha la pretesa di abbassare il volume e incominciare a scambiare parole al posto di gesti, naturalmente) due bicchieri di rhum; Sfera prende due bicchieri di plastica (modello alto) e ognuno lo riempie per metà. Il Pranzo dei Campioni. Ahimè uno dei due bicchieri è bucato, gocciola, e lo sfortunato possessore chiede (sempre a gesti) a Sfera una sostituzione di bicchiere. Quello sta per soddisfarlo, ma c'è un cambio in corsa. Il ragazzo trangugia d'un colpo tutto il rhum, e ne chiede un'altro. Sfera mi osserva. Io non reagisco, faccio il navigato. Ci sono diversi secondi di fermo immagine, poi Sfera pare riaversi. Riempie il secondo bicchiere di rhum, e inizia a preparare il mio HotDog sussurrato.
In quel mentre giunge una Guagua (l'equivalente di un mezzo pubblico, un camioncino sul quale si può montare in dieci/quindici - strippati all'inverosimile, sarebbe omologato per nove - per circa trenta pesos - meno di un dollaro - senza fermate prefissate: vi porta dove volete, e gli altri che viaggiano con voi attendono il loro turno). Dalla Guagua scendono due ragazze, e la vecchia accanto a me si alza, e mi saluta (a gesti, mi raccomando. Il merengue regna indiscusso), poi scompare dentro la Guagua. Quando la porta del mezzo si chiude, il dormiente alla mia destra si sveglia di soprassalto, rompendo l'equilibrio precario che lo legava al muro. Rischia di spalmarsi sul terreno, ma riesce con un colpo di reni magistrale a rimanere sulla sedia, prendere un cellulare, comporre un numero. Mezz'ora di stimpanamento non lo sfiora, una portiera in lontananza che si chiude lo spaventa. Ma io sono navigato, continuo ad addentare il mio HotDog. Nel frattempo i due amanti del rhum spariscono, rimaniamo io e Sfera. Il conto è salato. Settanta pesos. Un euro e cinquanta. Ringrazio alzando la mano e faccio per avviarmi alla macchina. In quel mentre i due del rhum sfrecciano in strada, sdraiati sui loro motorini. (la corsa sui motorini da sdraiati a pancia in giù è una pratica abbastanza diffusa, quaggiù). Penso al tempo asincrono in cui sto vivendo, e credo di essermi abituato.
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Scene di ordinaria amministrazione, eh?
RispondiEliminaQuando su facebook qualche settimana fa dicevo "voi(rivolgendomi agli amici in Italia) non potete capire che mondo è questo" mi riferivo proprio a scene come quella che hai appena descritto. Dopo un pò non ci fai più caso e forse perchè noi siamo meno normali di loro. Però quando arrivi dal nostro "mondo" civilizzato ti fa strano vedere gente che al supermercato compra un rotolo di carta igienica o tre fogli A4.
RispondiEliminaFLAVIA