Diario del Viaggiatore Maldestro
Italia, Viareggio - Luglio 2010
L’estate impazza: il caldo stramazza le eroiche schiere di lavoratori al suolo, squagliando le loro residue idee di gloria ed immolando tutto l’immolabile all’altare del mito: la Vacanza. La sacralità delle ferie è dogmatica, un concetto assorbito dai pori della pelle sin dall’infanzia, indubitabile ed assoluto. E’ l’ora d’aria del recluso, la boccata d’ossigeno del palombaro, in una parola "La Vacanza E’", tutto il resto dipende e ruota intorno a questa scadenza di durata bisettimanale e insieme traguardo annuale. L’obbiettivo, perseguito con forza e cieca perseveranza dalle allegre schiere (milioni, persino oserei dire miliardi) degli adepti, è il sistematico sputtanamento delle risorse (misere) accumulate negli undici duri mesi di astinenza.
E allora eccoci, finalmente azzurri e sorridenti, occhiali scuri, guidare sudati nel bel mezzo di una colonna di beati, a fare la distanza che ci separa dal Paradiso in una bara di metallo e ruote; fuori l’asfalto è una melma fusa con le gomme, dentro una piacevole brezza condizionata viene sparata a manetta, segno di uno status quo raggiunto che i meno fortunati, rimasti ahimè una minoranza, dai loro finestrini abbassati invidiano, e questo conta. Verrebbe anche quasi da bestemmiare per il passo d’uomo che siamo costretti a tenere, ma pazienza, è comunque Vacanza, la serotonina può riprendere ad espandersi in un cervello che si avvia felice verso la completa anestesia.
E’ così che, passata qualche ora, riusciamo ad immergerci dopo spericolati millimetrici fantasmagorici parcheggi, nella folla multiforme devota al solleone. Il piede affondato nella sabbia rovente ed il conseguente balletto sulle punte sono chiare conseguenze di una sola certezza: siamo al mare. Solita roba, qualche seno esibito, chili di cellulite nascosta, un paio di palestrati fingono trottando un footing ed il bagnasciuga è frequentato manco fosse sabato sera in centro. Dietro tutto questo, si intravedono donne gommone galleggiare al largo, delimitare la balneazione. Oltre a loro, dove lo sguardo incontra l’orizzonte, milioni di euro galleggiano sotto forma di piroscafi, panfili, vele. Tuffarsi diventa un dovere. Ma è una volta al largo che si ha il vero spettacolo. Voltarsi verso la riva svela un mondo: a perdita d’occhio lungo la spiaggia, ombrelloni rossi e tende blu, equidistanti e regolari, che suddividono geometrie sulla sabbia, come in una città invisibile, definendo i confini dei bagni. L’acquisto di una porzione di spiaggia, il suo affitto per qualche settimana, è concesso al modico sacrificio di svariati stipendi medi. Un gelato richiede un investimento. Per una bibita si consigliano pratiche bancarie. Ma pazienza, è comunque Vacanza e siamo al mare.
Cinquanta metri di rovente spiaggia più indietro c’è il castello e feudo: il Bagno, con i suoi abitanti. Prima nota: il Bagno è provvisto di piscina. Seconda: la piscina è molto frequentata. Terza: pare che le piscine siano ormai un must in tutti i bagni. Mi affaccio a controllare: la piscina vuole la cuffia. Stesso scenario di prima. Seni, cellulite, bronzea palestra e gommoni galleggianti. Con una differenza, hanno tutti la cuffia. E mancano i panfili e l’orizzonte. Intorno, il Bagno è provvisto di ristorante con annessi tavoli, camerieri, cuochi, sala giochi da pargolume, bar, ping pong, biliardino, tricchetracche e, ovviamente, le cabine. Cellulari squillano allegri continui e polifonici intervallati dagli schiamazzi degli under dieci. Intanto, due umanità si incrociano: una, seminuda e opulenta, si muove in verticale, dalla spiaggia al mare e viceversa, mentre un altra, vestita, povera, multietnica e fatta di venditori, traversa in orizzontale, parallelamente alle onde, i condomini sulla spiaggia. Ogni tanto si ferma, espone la merce e se ne và. La vita pullula, ma senza ansia, siamo in Vacanza.
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