venerdì 3 giugno 2011

DVM7 - India, polvere e tecnologia, parte2

Da qualche anno il mio ruolo di viaggiatore si è fatto più corposo, essendo le mie trasferte in giro per il globo aumentate di intensità a causa di un buffo lavoro che neanche io so definire con esattezza. Mi sono trovato così involontario protagonista di disavventure causate dall’essere il contrario del viaggiatore on the road consumato. Al contempo il trovarmi in luoghi talmente ricchi di profumi, colori, sapori, esperienze e vite diverse dalla mia, mi ha posto in condizione di non poter fare a meno di raccontarli. Il DVM è quindi la fedele ricostruzione dei miei viaggi, di ciò che ho visto e vissuto, sempre in prima persona.

Diario del Viaggiatore Maldestro India - Kochi, Kerala, Febbraio 2007

Eccomi ancora in India, aspetto il bus che mi porterà da Bangalore a Coimbatore. In questa parte dell'India é dislocato il distretto tecnologico, dove gran parte dello sviluppo economico del paese si concentra. Alcune cose mi colpiscono. Nonostante l'ovvio progresso che il paese sta vivendo, rispetto al mio ultimo viaggio di dieci anni fa, le masse rimangono escluse dal boom economico. La povertà é palpabile, ovunque. Bangalore conta circa sei milioni di abitanti, é una metropoli congestionata, sporca, polverosa, dai forti contrasti. Una società che punta al consumo piú sfacciato é miscelata indissolubilmente a spiritualità e religione. Templi e immondizia si inseguono senza soluzione di continuità, ma non ho visto, come qualche tempo fa, corpi morenti in strada. Un bel passo in avanti. Bangalore é anche soprannominata la Silicon valley del sud est. Infatti la diffusione della tecnologia é straordinaria: cellulari e internet sono alla portata di chiunque. Giro nel centro città: i call center di mezzo mondo sono qui. Per inciso, l'uffico reclami di molte grandi aziende americane, come General Electric, Ford, é in uno dei palazzi del centro. In sostanza la casalinga dell'Michigan che vuol sapere perché il proprio frigo non funziona, crede di chiamare dietro casa, ma gli stanno rispondendo da Bangalore. I corsi di addestramento del call center sono istruttivi: insegnano a rispondere con accento del sud, niuiorchese, o californiano, a seconda della provenienza della chiamata.
Leggo la stampa locale (in inglese): fa notizia un chip antistupro che dovrebbe essere distribuito a tutte le lavoratrici che sono costrette a tornare a casa di notte. Funziona come un piccolo gps personalizzato, in grado di avvertire la polizia in caso di aggressione. Fantascienza, per me.
In visita ad una università, una ragazzina di ventuno anni dagli occhi scattanti mi spiega che sta studiando la possibilità di modificare geneticamente alcune sementi, per renderle piú resistenti ai parassiti. "Senza alcun danno per l'uomo" puntualizza, mentre la ascolto affascinato.

Mentre attendo alla fermata il mio pullman, ripercorro mentalmente quanto visto in questi giorni: ho assorbito come una spugna, i sensi non hanno potuto registrare tutta l'incredibile mole di informazioni e sensazioni. In piazza sta arrivando il mezzo che in una ora e mezzo mi porterà a Coimbatore. Nota bene. Viaggiare sulle strade dell'India, é un'esperienza molto particolare. Per chi, come me, non c'é abituato, puó sembrare di rischiare la morte a ogni minuto. Eppure, analizzandola meglio, non ho mai visto un incidente, e tutte le macchine sono intonse. Mistero. Un amico dello Sri Lanka mi spiega l'arcano. "La guida in India é incomprensibile ai piú, ma loro - gli indiani - hanno un loro codice, comunicano benissimo". Effettivamente con tutti i mezzi con cui ho viaggiato, dal taxi al tuctuc (per noi italiani, un'Ape con passeggeri) all'auto, mi sono sentito sempre sull'orlo della catastrofe. Tutti i guidatori si affannano come folli in corse spericolate, usando il clackson a raffiche continue. Eppure.
Ecco il mio mezzo che si fa spazio fra la gente.
Medito sulla ricchezza, sulla tecnologia mentre salgo. Lo sviluppo economico, il tocco dorato non ha certo toccato tutti gli strati della popolazione, mi dico, guardandomi intorno. Sembra di essere in una specie di Purgatorio: l'onda umana brulica nella piazza mentre cerco posto sul pullman. Povera gente, penso, accalcata mentre la storia gli passa davanti, a un passo dalle progressive sorti, eppure cosí lontani dal beneficiarne realmente. In quel momento sale sul bus un tizio vestito solo con un panno bianco, sporco e maleodorante. Ha uno zaino con se. Si siede accanto a me mentre io intanto cerco invano di spedire un sms a mia moglie. Niente da fare, non ho campo. Guardo il poveraccio accanto a me. Avrà cinquanta anni, ma ne dimostra almeno dieci in più. Le sue rughe sono rese piú evidenti dalla polvere che ha sul viso. Lo compatisco, dall'alto della mia superiorità culturale ed economica. Vorrei scriverne a mia moglie, maledizione, ma ancora non ho campo. É in quel momento che accade.
Neanche mi avesse letto nel pensiero il povero paría, sporco, arretrato, infila una mano nel suo zaino. Ne estrae un piccolo portatile. Lo apre. Dal portatile estrae una piccola antenna. Apre un browser e inizia a navigare in Internet, mentre io mi trasformo all'istante in un piccolo idiota retrogrado con preconcetti frantumati, un cellulare inutile nelle mie mani, e la bocca spalancata in una smorfia di stupore beota.


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Location:Bangalore, India

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