Da qualche anno il mio ruolo di viaggiatore si è fatto più corposo, essendo le mie trasferte in giro per il globo aumentate di intensità a causa di un buffo lavoro che neanche io so definire con esattezza. Mi sono trovato così involontario protagonista di disavventure causate dall’essere il contrario del viaggiatore on the road consumato. Al contempo il trovarmi in luoghi talmente ricchi di profumi, colori, sapori, esperienze e vite diverse dalla mia, mi ha posto in condizione di non poter fare a meno di raccontarli. Il DVM è quindi la fedele ricostruzione dei miei viaggi, di ciò che ho visto e vissuto, sempre in prima persona.
Diario del Viaggiatore Maldestro
Lisbona, Portogallo - Gennaio 2007
Arrivo in Portogallo a gennaio, a Lisbona, obbiettivo ufficiale incontrare il direttore di un sugherifico, anche se le quercie da sughero e la loro lavorazione sono in realtà localizzate nella regione dell'Alenteju, un paio d'ore d'auto dalla capitale, dove andró in visita probabilmente domani. Sono le otto di sera e il freddo mi accoglie nella capitale Portoghese, ancora illuminata dalle luci post natalizie, belle, creative e impressionanti. Dopo una fermata in albergo per mollare le mie cose (sempre le stesse: pc e una borsa con pochi vestiti) mi concedo un giro notturno al Barrio Alto e subito ho delle prime piacevoli sorprese. Sono le dieci e mezzo e la vita pare appena iniziata, la gente si riverbera nelle arterie di questo quartiere, pieno di ristoranti, locali, strade strette e lastricate. C'è, nonostante i cinque gradi, un'atmosfera calorosa e accogliente. In qualche ristorante (piatto tipico: bacalao) stanno suonando Fado, che - per chi non ne ha mai sentito parlare invito all'ascolto di Amalia Rodriguez, o Madredeus - è una musica dagli accenti particolarmente malinconici, suonata con strumenti acustici. In questo caso, la cantante è donna, e cosí mi appoggio al muro fuori dalla taverna e ammaliato, chiudo gli occhi: non so di cosa stia cantando, anche fosse l'elenco telefonico potrei rimanere ad ascoltarla per sempre. É in quel preciso istante che scocca la scintilla: mi innamoro. Lisbona diventa la mia favorita, una delle piú belle capitali europee (Praga e Roma le altre). Colgo netta la sensazione di sentirmi in una casa, una delle innumerevoli attraversate, dove abbandonarmi, cullato da questa melassa che chiamano musica, ad un ozio malinconico e struggente, esistenziale. Devo dire che il Fado riflette magistralmente per me lo spirito della città, maestosa e decadente, ossimoro e colonna sonora di una nobiltà passata (e i grandi monumenti e in generale la pianta dela città lo testimoniano) allo stesso tempo popolana (come i piccoli negozi fermi agli anni settanta, o i vicoli che s'inerpicano su e giù per la città). Insomma passo quattro giorni a Lisbona e lo dichiaro, amo questa città, vorrei girare un film qui, perdermi fra le vie, i palazzi piastrellati e decorati in ceramica, le svolte mozzafiato, fra il castello di Sao Jorge e il grande mercato ortofrutticolo, assaporare l'oceano (il fiume Tago, in realtà, ma la sensazione di essere alle colonne d'Ercole, con lo sguardo che si perde verso una distesa piatta e infinita é molto presente), la nebbia mattutina, i tram che la tagliano arrivando e tornando nel niente, la corrida vista inuna domenica di ozio: vorrei vivere un poco di tempo ancora questo limbo dolce amaro e musicato a cui sicuramente il vino ha donato contorni alterati: ho sfiorato la sbronza in varie occasioni, il che ha contribuito a lasciarmi un'ebbrezza alcolica e sentimentale da liceale. E' anche per questo rimbimbimento che mi riprometto di tornare presto. Ma non solo. Alla fine rimango con l'impressione che i portoghesi siano, proprio come la città, parte di una nobiltá decaduta, data in pasto allo scorrere della storia, ma che non se la tirino affatto per questa loro grandeur, nè che si lamentino. Il che li rende in genere persone accoglienti, ospitali, ironiche e culturalmente ricche.
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