giovedì 15 maggio 2014

Mutazioni cinematiche

Seconda giornata di festival, workshop e incontri. Cannes si conferma essere un ossimoro, fervente e sdraiata allo stesso tempo. Il sole di fine maggio che sta omaggiando questa parte di mondo rende ogni cosa migliore, gioiosa. It's cinema power! Oggi è la giornata del pamphlettone Turner, di Mike Leigh (noto al secolo per Segreti e Bugie del 1996), la storia del noto pittore inglese di inzio '800. Produzione multimilionaria. Chissà quanto sarà costato questo effetto speciale di soleggiata allegria agli studios. Chissà se, domani, quando incomincieranno ad atterrare sulla croisette i film polacchi, turchi, italiani, avremo - non potendoci permettere altro - pioggia e depressione. Tutta questione di budget. Per inciso, un film italiano medio si attesta intorno ai due milioni di euro di budget. Uno inglese (o francese) circa cinque. Uno medio americano 10. Holliwood 50.

La domanda - atavica - è: sappiamo raccontare storie che coinvolgano un pubblico vario, non necessariamente italiano, non necessariamente europeo? Una solida storia da raccontare non dovrebbe trascendere i confini geografici? I nostri sceneggiatori sanno/possono/vogliono fare questo esercizio? Domanda retorica. Ma ottima motivazione al crescente gap di budget nostrano. Non essendoci un audience per le nostre storie, produciamo storie per "noartri", che parlano de noartri. Autoreferenziali e, sopratutto, vecchi e decadenti. Il pubblico medio in sala (nell'unione europea) è over 50 (in Italia, probabilmente di qualche anno più anziano). Pubblico medio. La maggiore cinematografia mondiale (Bolliwood) conta su un miliardo di potenziali spettatori, la cui età media è sotto i 30. Ahimè, ne sono certo, domani piove.

La croisette si popola, intanto, di nuove creature.
O meglio, delle trasformazioni bioniche delle creature di ieri. La casta dei paria, i sempiterni amanti della foto ricordo, si sono dotati - presi da un impeto di scaltrezza un po' partenopea - di centinaia di scale, di ogni foggia e forma, che - in sostanza - assolvono alla funzione molto pratica di poter avere una foto che non sia della nuca del paria di fronte. E così, con un effetto molto straniante, in questa moltitudine ordinata e multifome che è il festival di Cannes, sono apparse di fronte al Palais du Festival questi picchi in alluminio colorato, a disegnare un orizzonte di mini montagnole scheletriche, che a breve saranno prese d'assalto dai loro propietari. Immagino l'idea debba essere venuta a qualcuno per primo. E immagino orde di over 50 dotati della loro scala-da-cannes, che affittano gli scalini a un tot al metro d'altezza.
All'arrivo di Thimoty Spall (l'attore icona, di Leigh, già osannato come avesse vinto la palma d'oro), vedo già il quadro: moltitutidini belanti e sbavanti, nascoste dietro ai loro ubiqui mezzi di ripresa, creano un muro tecnologico di schermi, poggiato alla meno peggio su piccole vette d'alluminio colorato.
Chissà se Turner avrebbe mai voluto dipingerlo.

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