Il recente dibattito esploso in Italia (e non solo) suscitato dalla catastrofe giapponese, con la conseguente parziale fusione dell'impianto di Fukushima ha denudato da un lato le posizioni del governo (e della lobby finanziaria che - fra le altre cose - aveva cercato di manipolare l'opinione pubblica con una campagna pubblicitaria apparentemente bipartisan) dall'altro ha evidenziato una visione a "corto raggio" del movimento d'opinione "ambientalista" (che dopo l'11 marzo ha trovato un numero consistente di sostenitori). No al nucleare, si proclama quindi, bloccando - per ora, e forse anche a mezzo referendum - la costruzione di nuove centrali.
C'é una stima della Global Nuclear Association, che a fronte delle attuali 439 centrali nucleari dislocate un pó ovunque nel mondo, nel prossimo quindicennio prevede la realizzazione di almeno 500 altri impianti.
Il perché é presto detto: colossi dell'economia globale come Cina (oggi 11 centrali, nel prossimo decennio almeno dieci l'anno in costruzione) e India (20 reattori nucleari, che soddisfano il 3% di domanda energetica interna, altre centrali in costruzione - una vicino a Goa - per raggiungere nel 2020 almeno il 25% di domanda interna) per citare solo i due "mostri" asiatici, hanno chiaramente avvertito che quanto accaduto in Giappone non puó e non deve cambiare i loro piani.
Negli Stati Uniti, lo sviluppo di una politica nucleare aveva subito un drastico arresto nel 79, a seguito della parziale fusione di un impianto a Three Mile Island, e l'amministrazione green di Obama si stava preparando a ripartire con il programma di investimenti (per ora congelato, ma di prossima attuazione).
Da noi la Germania ha fermato le sette centrali costruite prima del 1980, la Svizzera ha bloccato la costruzione di nuove centrali, la Russia e la Repubblica Ceca hanno fatto sapere che non fermeranno i loro programmi di sviluppo. I paesi del Golfo persico, abituali produttori della nostra principale forma energetica (attuale) si stanno attrezzando in vario modo per seguire la strada dell'atomo. Ovviamente, tutti i rappresentanti dei vari governi si sono premurati di avvertire che i livelli di sicurezza saranno garantiti anche a fronti di eccezionali catastrofi.
In sostanza: l'aver probabilmente bloccato la costruzione in Italia di centrali nucleari, non esclude il fatto che ai nostri confini (francia, svizzera, slovenia, germania, spagna - solo per citarne alcuni), a volte a pochi chilometri dai nostri confini, comunque ci siano reattori attivi. Per questo la politica del Nimb (not in my backyard) appare ridicola, sia a causa di coloro che non accettano centrali nucleari sul proprio territorio, sia di coloro che accettano le centrali, ma non nella propria regione (è il caso, tutto italiano, di diversi governatori del Pdl).
Come non esclude che a livello globale, economie rampanti si stanno affacciando al mondo delle "magnifiche e progressive sorti dell'umane genti" da cui sono state escluse per secoli, e non credo abbiano voglia di tornare indietro o sentir parlare di "decrescita felice". Queste stesse economie vivono esplosioni demografiche (e quindi di fabbisogno energetico) difficilmente arginabili con eolico o solare. E l'indipendenza energetica che un pó tutti stanno cercando, serve per continuare ad essere competitivi.
La domanda veramente attuale quindi é se ci sia un modello di sviluppo, sia economico, che energetico e sociale, morale, che possa cambiare lo stato attuale, alla fine dei nostri tempi, rendendo la parola "competitivo" obsoleta. Se la risposta fosse negativa, ci sono poche alternative al rischio nucleare su scala globale, raddoppiato rispetto a quello che stiamo vivendo oggi.
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Location:Las Terrenas,Repubblica Dominicana
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